L’ospedale del patrimonio ferito

Interno del deposito di Santo Chiodo, a Spoleto

 

“A vederlo da fuori sembra un normale capannone commerciale, di quelli che punteggiano l’immagine di un’Italia che lavora e produce. Anche qui, certo, si lavora (e anche in maniera molto dura e alacre): ciò che cambia è il contenuto di questo grande edificio in cemento. Siamo a Spoleto, in visita al Deposito di Santo Chiodo, che prende il nome dall’omonima località in cui si trova, la periferia industriale e commerciale della città umbra: al suo interno, è custodito un tesoro composto da migliaia di opere d’arte, quelle qui ricoverate dopo i crolli del sisma del Centro Italia del 2016.”

Il Deposito di Santo Chiodo rappresenta un centro d’eccellenza; questo risulta evidente anche dal fatto che con i tecnici del Deposito collaborano i restauratori dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro di Roma, le due massime autorità pubbliche italiane in fatto di restauro, e a loro volta eccellenze mondiali nel settore.

Finestre sull’Arte ha visitato questo ‘ospedale delle opere d’arte‘.

 

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